MISTERI DI HERA I GUANCHI E LA RAZZA PERDUTA I guanchi, abitanti delle isole Canarie, avevano la pelle chiara e i capelli rossi, possedevano una cultura ferma la Neolitico, ma allo stesso tempo molto sofisticata. Che legame vi era tra questa gente e la razza perduta degli Shemsu-Hor? Cosa suggeriscono gli strani crani conservati al Museo di Tenerife?
di Adriano Forgione
Sono anni che mi interesso al mistero della razza primigenia, una motivazione che mi ha portato in diversi luoghi del mondo alla ricerca di tracce che facciano luce sui mitologici portatori di civiltà. Li chiamo con il loro nome nell'antica lingua egizia, gli "Shemsu-Hor", i Seguaci di Hor. Quel "Hor" sta per Horus, ma anche per "Luce", simbolo di conoscenza, di cui quest'enigmatica razza di civilizzatori si fece custode dalla scomparsa del loro mondo pre-diluviano. Qualcuno di voi ricorderà la mia fortunata visita al Museo archeologico di Malta, nel marzo 2001, dove ebbi modo di osservare e fotografare i crani dolicocefali ritrovati nell'ipogeo di Hal Saflieni (1). Il mistero rappresentato da quei crani si ripresenterà anche nel mio più recente viaggio di ricerca alle isole Canarie, quasi come un sottile filo di Arianna che, sebbene indipendente dalla mia volontà, pare volermi guidare verso le ultime tracce di questa razza scomparsa.
CHI ERANO I GUANCHI?
Le Canarie, ultimo ponte nell'Atlantico tra il Vecchio Mondo e l'America, terra vulcanica circondata dal mare, casa degli estinti guanchi (che significa Uomo di Tenerife), popolazione enigmatica dai capelli rossi e pelle chiara, estintisi con l'arrivo degli spagnoli, che fecero delle loro isole la baase di lancio per le navi cargo verso i tesori dell'Eldorado precolombiano. Chi erano i guanchi? Che legami avevano con le altre popolazioni dalle medesime caratteristiche, che dominarono il primo periodo dinastico egizio, a Sumer e in tutti il Mediterraneo? La mia idea è che, dalla più remota antichità, una linea sacerdotale sopravvissuta alla scomparsa di una grande cultura, causata da un cataclisma di proporzioni planetarie (non mi piace chiamarla Atlantide), si è perpetrata per millenni, sino a quando non vi furono le condizioni per la nascita di nuove culture e civiltà da loro stessi ispirate. I guanchi possedevano una socità molto particolare, che mescolava elementi culturali assai avanzati a uno sviluppo tecnologico del tutto inesistente. Quando, agli inizi del XV secolo, gli spagnoli giunsero nelle Canarie si trovarono a contatto con una società praticamente ferma al Neolitico. Eppure, questa gente mummificava i propri morti (2), realizzava complesse trapanazioni craniche, costruiva grandi strutture piramidali orientate con i solstizi, possedeva un'elaborata produzione artistica e creava simbologie "ermetiche" che ritroveremo soltanto nelle culture più avanzate. Soprattutto, credeva in un dio unico, sebbene tale culto era associato a forme animistiche molto elaborate. Tutti elementi che lasciano intravedere la possibilità che i guanchi fossero i discendenti di una cultura ben più avanzata, ovvero che tale cultura, o più culture, dovevano aver lasciato le loro tracce negli usi e nelle credenze guanchi a seguito di un contatto. Effettivamente, nelle Canarie esistono prove che questo popolo impiegasse differenti motivi decorativi da isola a isola. Ad esempio, a Las Palmas, vi sono motivi spiraliformi e incisioni rupestri del tutto analoghi a quelli della Britannia o dell'Irlanda neolitica, mentre a Gran Canaria e Tenerife sono i motivi geometrici, più simili a quelli del vicino Oriente, a dominare l'arte, come se diversi popoli avessero interagito con i guanchi originari. E' molto probabile che la posizione favorevole delle Canarie, quale rampa di lancio verso l'America grazie agli Alisei, ne abbia fatto nell'antichità un luogo di attracco dei navigatori bretoni e fenici, come lo stesso Thor Heyerdhal ha ipotizzato. Nel più antico mito di fondazione guanchi, raccolto da Padre Espinosa nel 1594 (a cui si deve la raccolta delle tradizioni guanchi prima della loro scomparsa), si narra, infatti, che "in tempi immemorabili vennero sull'isola (Tenerife, N.d.R.) sessanta persone, la cui patria d'origine era sconosciuta". Sebbene le prime notizie storiche sulle Canarie siano romane e risalgano al 40 a.C., il popolamento dell'arcipelago deve essere certamente anteriore, fatto confermato dal recente ritrovamento nell'isola di La Graciosa di ossa che, datate al C-14 dal paleontologo Francisco Garcìa Talavera, sono risultate corrispondere a un'età compresa tra i 2.500 e i 3.000 anni fa, quindi, tra il I e il X secolo a.C., in piena epoca fenicia. Ma vi è un altro enigma: come è possibile che un popolo stanziato al largo dell'Africa, in pieno Atlantico, fosse di carnagione chiara e capelli rossi? Questa domanda faceva eco nella mia mente al Museo Archeologico di Santa Cruz, a Tenerife, mentre osservando le mummie lì conservate, mi trovai di fronte a un cranio con gli evidenti resti di una capigliatura fulva. In realtà, le risposte non mancherebbero, in quanto i fenici erano chiamati così proprio perchè caratterizzati da un vivido capello rosso. I greci li chiamavano phoinikes cioè "i rossi", ma questo popolo di navigatori e civilizzatori era di provenienza cananea. I guanchi erano, quindi, di discendenza fenicia? Se così fosse, perchè allora ignoravano completamente i rudimenti della navigazione, pur vivendo in un ambiente circondato dall'acqua e favorevole ai viaggi transoceanici? Quale processo di amnesia avrebbe portato marinai fenici a dimenticare le leggi della loro principale risorsa, seppur lì così abbondante? Pur considerandola una possibilità da non escludere, la risposta forse va cercata altrove. E' probabile che fenici e guanchi abbiano condiviso una comune origine, quella di una stirpe antica e pre-diluviana, i cui sopravvissuti, quelli che chiamo Shemsu-Hor, diedero vita ai guanchi e, nel resto dell'Africa del nord-ovest, ai berberi. I guanchi erano, dunque, berberi, fatto confermato dalle relazioni linguistiche tra i due popoli. A questo punto la domanda non è più "Chi erano i guanchi? ma Chi erano i berberi e di quale etnia facevano parte?.
CONFERME DALLA GENETICA
Nella prima metà del 2001, il genetista spagnolo Antonio Arnàiz Villena dell'Università Complutense apportò un fondamentale tassello per rispondere a queste domande. Dopo alcuni anni di studio realizzati nel suo dipartimento, Arnàiz confermò la relazione genetica tra guanchi, berberi, baschi ed egizi affrontando lo studio dei marcatori genetici e delle loro connessioni, che permisero allo studioso alla rivoluzionaria quanto chiarificatrice risposta. Arnàiz, in una conferenza tenutasi proprio al Museo di Santa Cruz, in Tenerife, dichiarò che questi popoli avevano un'unica origine, identificata come cultura "Usko-mediterranea", e che adottavano un culto da lui definito la "Porta dell'Oscurità", un corpo di credenze associato alla Grande Madre e al culto delle acque. Alla domanda del giornalista spagnolo José Labrador circa la possibilità di un errore, il genetista affermò: "non c'è alcun problema in genetica a sovvertire i dati che paiono acquisiti, gli studiosi sono molto meno dogmatici. Guanchi, berberi, baschi ed egizi sono imparentati geneticamente. Fu la desertificazione del Sahara a causare una diaspora, in cui questa cultura si frammentò verso ovest, est, nord e sud e portando con sé i loro geni alcuni millenni prima di Cristo." Le dichiarazioni del genetista spagnolo apportano due welementi di rilievo alla nostra trattazione:
1 - Viene confermato che anche gli Egizi sono legati a questo ceppo genetico di pelle chiara e capelli rossi, suffragando i ritrovamenti dell'egittologo Walter Emery, che negli anni '30 dello scorso secolo scoprì a Saqqara i resti di nobili risalenti all'epoca pre-dinastica o alle prime dinastie, caratterizzati da cranio dolicocefalico e capigliatura chiara (3). In tal modo, si giustifica anche il nome egizio Shemsu-Hor che assegno a questo remoto popolo.
2 - Il genetista dichiara che fu il Sahara a essere la sede di quest'antica civiltà. Effettivamente, esistono alcune teorie che collocano l'Atlantide in Africa, risalenti addirittura al 1600 e agli scritti di Francis Bacon, che la situò in Marocco. Nel 1874, fu Felix Berlioux a dichiarare di aver individuato e trovato la Kerne degli Atlantidi sulla costa occidentale del Marocco, tra Casablanca e Agadir, mentre Albert Hermann nel 1925 la identificò in Tunisia. Degna di nota è la teoria di Taylor Ansen, esposta in The Ancient Atlantic, in cui la studiosa afferma che il Mare di Tritone, citato da Erodoto nelle sue Storie (Libro IV, 184), era un grande mare interno, situato a est delle montagne dell'Atlante, nella regione dei monti Ahaggar, nella terra dei garamanti e dei regni antidiluviani dei tuareg. Nel 1935, fu l'archeologo Albert Hermann a dichiarare di aver trovato l'Atlantide in Tunisia, a Rhelissia, dove indentificò le tracce di alcune opere di irrigazione molto avanzate. Segni più consistenti di una remota cultura nell'Africa occidentale sono state offerte, negli anni '90, dall'esploratore e geologo Angelo Pitoni con la scoperta dei Nomoli, la Skystone e la gigantesca statua della Madre di Pietra, tra Sierra Leone e Mali (4). Nonostante reputi degna di considerazione la possibilità di una civilizzazione scomparsa tra le sabbie del Sahara, credo che quella che viene chiamata Atlantide non vada localizzata come una civiltà sita in un luogo specifico, ma al contrario di quanto descritto da Platone, essendo stata una cultura marinara stanziata lungo le coste di ogni continente, in un'epoca risalente tra i 13.000 e i 10.000 anni fa (come ampiamente dimostrato da Graham Hancock in Civiltà sommerse, Corbaccio), essa lasciò le sue tracce ovunque, non solo sotto le acque di una catastrofica deglaciazione, ma anche nei popoli che da essa generarono, Canarie e guanchi compresi. Uomini dal cranio dolicocefalo e dai capelli rossi sono, inoltre, testimoniati non solo in Africa ed Europa, ma anche in Asia (5), nell'America pre-colombiana dall'Alaska alla Terra del Fuoco, in tutto il Pacifico pre-coloniale (6), dimostrando la diffusione di questo popolo civilizzatore in ogni luogo del mondo.
I CRANI DELLA DEA
Per quanto riguarda le Canarie, le sconosciute quanto enigmatiche strutture sottomarine, scoperte dal documentarista ed esploratore italiano Pippo Cappellano, a largo di Lanzarote (7), a cui vanno aggiunte le altre scoperte sottomarine realizzate da ricercatori spagnoli oltre le coste di Tenerife, non sono le uniche vestigia di tale cultura scomparsa nelle Canarie, ma esistono nelle isole dell'arcipelago tutta una serie di evidenze archeologiche e culturali che possono dimostrarlo ampiamente. Ciò che rendeva unici gli Shemsu-Hor, a parte i capelli rossi, era il loro cranio dolicocefalico, un allungamento naturale della parte posteriore della calotta. Mi aspettavo, quindi, che i resti dei guanchi conservati al Museo di Tenerife presentassero tale caratteristica. Non mi sbagliavo, quanto avevo davanti erano proprio alcuni crani dolicocefalici, la cui forma deve aver tratto in inganno gli archeologi locali. Infatti, uno di questi presentava una marcata dolicocefalia che veniva descritta come una "malformazione genetica", la Escatocefalia, illustrata anche nel pannello che faceva da fondo alla teca espositiva. Eppure, è evidente che il cranio in esame è perfettamente sano e, soprattutto, non risponde a tale malformazione, essendo ben diverso rispetto all'immagine di confronto realizzata dallo stesso museo. Forse gli esperti archeologi hanno fornito una spiegazione di comodo? Oppure, non sapendo come spiegare una tale caratteristica genetica, hanno tirato in ballo la malformazione che più sembrava loro calzante? Domande che resteranno senza risposta, ma che dimostrano con quanta sufficienza reperti così importanti siano erroneamente catalogati dagli esperti di turno. avevo, però, la prova che desideravo, i guanchi sembravano collegarsi a tutte le altre popolazioni preistoriche associate a quell'antico popolo di civilizzatori di cui vado in cerca. Non immaginavo che alle spalle della medesima teca mi avrebbe atteso la sorpresa maggiore, la presenza di un ennesimo cranio dolicocefalico, stavolta, però, completamente privo di cucitura sagittale. La mancanza di questa linea, che divide in due la calotta cranica, formata dall'unione delle ossa parietali, non solo è una caratteristica genetica "impossibile", ma era da me già stata riscontrata nei crani dolicocefali di Malta. Medici e anatomisti da me interpellati in questi due anni (foto alla mano), per dare una risposta alla strana "assenza" della cucitura sagittale nel cranio maltese, hanno escluso la presenza nella letteratura medica di questa malformazione, aggiungendo di non conoscere la spiegazione scientifica all'anomalia rappresentata dal rilevante reperto archeologico. Ora, in un'isola in pieno Atlantico, un cranio della medesima tipologia presenta la stessa caratteristica di quello maltese. Le corrispondenze iniziano ad essere troppe e, a questo punto della mia ricerca, non posso non pensare che una caratteristica di questo tipo, assente completamente dalla letteratura medica relativa all'uomo conteporaneo, possa essere, invece, da ascrivere quale segno particolare tipico di questa linea genetica. Eppure, anche in questo caso, nessuna spiegazione era offerta dal Museo, tralasciando completamente questo fondamentale, quanto inspiegabile, particolare e indicando il reperto interessante solo per una piccola, quanto banale, cicatrizzazione ossea parietale.
SIMBOLOGIA E CULTO
La particolarità e il legame dei guanchi con gli Shemsu-Hor non è solo dimostrato dai loro resti, ma anche dalle simbologie che impiegavano per realizzare gli stampi per la realizzazione di tatuaggi e decorazioni. Si tratta di figure tipiche della geometria sacra, presenti soprattutto nelle popolazioni della mezzaluna fertile e nella cultura alchemica occidentale. Stelle a otto punte associabili alla Grande Madre, motivi a cerchi concentrici, alcuni richiamanti la struttura a tre anelli di Atlantide, figure a base triangolare in cui spiccano i tre triangoli in uno (che René Guenon spiega quale simbolo della manifestazione nel mondo materiale della triade divina) e ancora spirali, figure radiali o simbologie solari. Si tratta di glifi dal profondo significato spirituale e il fatto che nel Medioevo gli alchimisti occidentali impiegassero le medesime simbologie è segno che i guanchi dovevano possederle per un legame originario con la cultura primigenia, a cui gli stessi alchimisti si ispirarono, forse per derivazione egizia, essendo l'alchimia una scienza dell'uomo preservata in Egitto ma, secondo Tradizione, di origine atlantidea. In effetti, colpisce il fatto che i guanchi possedessero un culto e una religione che si avvicina molto a quella degli ermetisti e degli alchimisti, i quali considerano tutto il creato sì retto da un solo Dio, una sola energia, l'Ain Soph, ma che tra questo Grande Demiurgo e gli uomini vi sono entità preternaturali di pura energia con le quali è possibile entrare in relazione. I guanchi posswedevano il medesimo sistema cosmogonico, identificando in Chaxerax, il Grande Demiurgo, un'energia a carattere femminile. Tale essere supremo veniva dai guanchi chiamato anche Atguaychafan Ataman, cioè "Colei che regge il cielo" a cui associavano il Sole la Luna quali espressioni dei due aspetti di questa divinità unica, dove il Sole, chiamato Magec è visto come femminile e la Luna maschile, esattamente come avveniva per gli alchimisti occidentali. Sole Luna, quindi, rappresentavano per i guanchi le espressioni del Dio o della Dea e attraverso i loro movimenti questo popolo entrava in sintonia con i ritmi naturali, incoronando i loro re, i mencey (gli unici a poter portare i capelli lunghi, come Egizi, Nazirei e Merovingi), durante la festa del Benesmen, in siti caratterizzati da edifici piramidali allineati con i Solstizi, oppure in costruzioni litiche circolari chiamate tagoror. La presenza di numerose piramidi nelle Canarie, alcune delle quali assolutamente sconosciute agli studiosi (quelle di Guimar non sono le uniche) ma da me visitate, rappresenta un ulteriore dato a conferma dell'esistenza di un retaggio culturale legato a una razza primigenia di navigatori. Ne parleremo presto. Quanto ci interessava in questo contesto era mettere in luce una serie di dati e reperti che suggeriscono, in maniera inequivocabile, l'esistenza di una razza perduta le cui tracce sono anche alle Canarie.
------------------------------- FONTE: HERA n.42, Anno IV, Giugno 2003
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